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LE MILLE FORME DELLO ZUCCHERO


Lo zucchero è simile al Molliccio di Harry Potter, avete presente? 
Una creatura-non creatura capace di assumere la forma di ciò che più si teme. 
Nelle etichette degli alimenti infatti lo troviamo sotto forma di innumerevoli sostanze collegate da altrettanti nomi, che appaiono incomprensibili più che spaventosi. 
Una vita senza dolci sarebbe una vita sicuramente meno piacevole: ve la immaginate una festa di compleanno senza torta o una cena con amici che termina con il secondo? 
Ma dolce non significa zucchero e zucchero non ha di per sé un valore negativo: ottimi dolciumi possono essere preparati senza utilizzare il comune zucchero da cucina (non ci credi? Leggi un po’ QUI O QUI); allo stesso tempo il termine “zucchero” in nutrizione è ambiguo, potendo essere usato come sinonimo di carboidrato o, più frequentemente, al posto di uno specifico carboidrato, i saccarosio.
In questo articolo ho cercato di elencare il maggior numero di parole con cui questo zuccheroso Molliccio si presenta negli alimenti confezionati. 
Ve lo lascio come incantesimo di consapevolezza per smascherare il Molliccio in questione e vederlo per quello che è.
Zucchero bianco o saccarosio. Lo zucchero «bianco» o saccarosio è una sostanza estratta sia dalla barbabietola, sia dalla canna da zucchero.
Lo zucchero bianco deve avere, per legge, almeno il 99,7 % di saccarosio (ne contiene in genere il 99,9 %). 
È bianco per il processo di raffinazione a cui viene sottoposto e anche perché viene «sbiancato» con anidride solforosa. Lo zucchero industriale non ha scadenza ed è considerato un prodotto non deperibile. Ha un alto indice glicemico-insulinemico.

Zucchero scuro o di canna. Lo zucchero di canna o integrale deve avere almeno il 99,5% di saccarosio, non subisce processi di sbiancamento, ma viene trattato industrialmente come lo zucchero raffinato.
Esistono in commercio dolcificanti composti al 100% da succo di canna concentrato: un esempio sono il Mascobado e Dulcita.
Ha un indice insulinemico più basso del saccarosio, ma attenzione: potrebbe essere saccarosio caramellato. L’indice glicemico è sovrapponibile a quello del saccarosio.

“Zuccheri della frutta”. Come tutti i termini generici nelle etichette è indice di ambiguità. Sotto questo termine ricadono infatti diverse tipologie di zucchero: dai succhi concentrati di uva e mela allo sciroppo di glucosio-fruttosio.
Destrosio sinonimo di glucosio, quindi con alto indice glicemico e insulinemico.
Fruttosio. È l’altro componente del saccarosio assieme al glucosio ed è lo zucchero maggiormente presente nella frutta; utilizzato come dolcificante aumenta la resistenza della leptina, un ormone che ha un ruolo importante nella regolazione della fame, perché trasmette al cervello il senso di sazietà. Utilizzare il fruttosio vuol dire avere più fame, tipica sensazione di chi fa uso delle bevande light. Un eccesso di fruttosio innalza i livelli di trigliceridi.
Maltitolo. È un polialcolo, derivato dal maltosio per idrogenazione. Ha il 75 % della dolcezza del saccarosio, ma un elevato indice glicemico. Dotato di proprietà lassative, come tutti gli alcoli degli zuccheri usati per dolcificare. Crea problemi gastrici in quanto è usato in grosse quantità dall’industria alimentare. Controindicato per chi soffre di diabete. Nelle etichette figura con il codice E965.
Maltosio. È ricavato dai cereali. Il potere dolcificante è inferiore a quello dello zucchero; il maltosio è formato da due molecole di glucosio quindi contiene solo, come ovviamente lo sciroppo di glucosio, la molecola che alza la glicemia nel sangue. Ha un minore impatto glicemico.
Sciroppo di mais. Ha un alto contenuto di fruttosio. Si trova spesso in bibite gassate e dolci confezionati.
Sciroppo d’acero. È un tipico prodotto nordamericano, ottenuto dalla linfa dell’acero (rosso, nero o da zucchero). Questo dolcificante ha un sapore caratteristico, con possibili note caramellate. Ha un elevato indice glicemico.
Saccarina. È un cancerogeno, come dimostrano gli esperimenti sui ratti. In Italia l’uso della saccarina è consentito a scopi farmaceutici, non è vietato negli alimenti e bibite dietetiche, ma l’etichetta deve segnalarne la presenza e l’inopportunità del consumo da parte di bambini e donne in gravidanza. Nelle etichette lo trovate come additivo alimentare edulcorante con il codice E954.
Aspartame. È composto da acido aspartico, fenilalanina e metanolo. Il metanolo è molto tossico e alcuni studi hanno dimostrato che un consumo elevato può influenzare umore e comportamento; pare anche che faccia aumentare l’appetito. Se viene utilizzato per dolci e scaldato oltre i 200°C aumenta la sua tossicità. Nelle etichette alimentari lo trovate come additivo edulcorante con il codice E951. 
Acesulfame K. È un sale di potassio approvato nel 1988 dalla Fda (Food and Drug Administration). Non risulta cancerogeno e viene escreto con le urine. Usato soprattutto nelle conserve e marmellate perchè resiste alle alte temperature. È circa 200 volte più dolce del saccarosio, ma ha contenuto calorico nullo poiché non viene metabolizzato dall’organismo. Ha azione insulino tropica, cioè stimola la produzione di insulina. Nelle etichette alimentari lo trovate come additivo edulcorante con il codice E950.
Ciclammati. È una classe di composti sintetizzati nel 1940. Hanno un potere dolcificante circa 30 volte superiore a quello del saccarosio. Vengono metabolizzati dal fegato ed escreti con le urine. Si trovano nelle bevande analcoliche, in confetti e in gomme da masticare. Svolgono un’azione insulino tropica. Nelle etichette alimentari lo trovate come additivo edulcorante con il codice E952.
Sorbitolo. È un polialcol. Molto utilizzato nell’industria alimentare come dolcificante, stabilizzante e agente lievitante con il nome E420 in molti prodotti «senza-zucchero», come gomme da masticare e caramelle. Il suo utilizzo può causare gas, gonfiore di pancia, crampi, diarrea ed è assolutamente sconsigliato nei bambini inferiori a 1 anno di vita.
Sucralosio noto col nome commerciale di Splenda negli Stati Uniti, è un dolcificante artificiale. Nell’ Unione europea è conosciuto anche col nome di E955. È 600 volte più dolce del saccarosio.  Recenti studi hanno dimostrato che altera il microbiota intestinale, determinando aumento di peso e obesità. A livelli elevati potenzialmente mutageno.
Xilitolo. Viene estratto da fragole, betulla, lampone, prugna e anche dal grano. Le sue proprietà dolcificanti sono molto simili a quelle del saccarosio, ma contiene il 40 % in meno di calorie. In Europa è usato come additivo alimentare, in particolare nelle gomme da masticare. Ha effetto lassativo e insulinotropico. Nelle etichette alimentari lo trovate come additivo edulcorante con il codice E967.
Mannitolo. Spesso chiamato mannite, è anche questo un polialcol. Dal punto di vista alimentare appartiene alla categoria degli stabilizzanti, addensanti, gelificanti ed emulsionanti, ma maggiormente come dolcificante. Ha un potere dolcificante leggermente superiore alla metà di quello del saccarosio e uno calorico che è superiore alla metà di quello del saccarosio stesso. Ha effetto lassativo e insulinotropico Nelle etichette alimentari lo trovate come additivo edulcorante con il codice E421.
Isomalto. Ricavato dallo zucchero di bietola, è composto da glucosio e mannitolo, del tutto paragonabile allo sciroppo di glucosio. Nelle etichette alimentari lo trovate come additivo edulcorante con il codice E953.
Miele. È uno dei dolcificanti più tradizionali, il cui uso è documentato fin dall’età classica. Va comunque consumato con cautela dato il suo elevato tenore zuccherino, avendo infatti un indice glicemico abbastanza elevato. La cottura altera i numerosi composti in esso contenuti.
Stevia è una piccola pianta perenne originaria del Sud America, esattamente dal nord-est del Paraguay. Ne esistono più di 150 specie: la Stevia Rebaudiana è utilizzata come dolcificante. Le sostanze dal potere dolcificante contenute in maggior quantità dalle foglie di Stevia sono 4: stevioside, rebaudioside A, rebaudioside C, dulcoside. Il primo è tra le 110 alle 270 volte più dolce dello zucchero, il secondo tra le 180 e 400. Nelle etichette alimentari i glicosidi steviotici hanno una loro sigla: E960.

Articolo di GIULIA SOMAINI
medico esperto di alimentazione

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